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VALE E IL BLUFF DEL POLLO OSVALDO

Nel mio personale podio delle nostre scenette più belle c’è senza dubbio il Pollo Osvaldo.

(…) È nata da una partita di calcio. Per l’annuale sfida di pallone ‘scapoli contro ammogliati’ di Tavullia. (…) Un giorno Flavio Fratesi ci ha detto: «Ragazzi, quest’anno c’è anche lo sponsor! Ma impone una divisa scelta da lui». Arrivati alla partita, Fratesi ha estratto le maglie con lo sponsor: ‘Polleria Osvaldo’.
(…) Io in quell’anno avevo debuttato in 250, era il 1998, ed era stata una stagione dura. In effetti, ero stato spesso un ‘pollo’. Ero veloce, ma Capirossi e Harada mi fregavano regolarmente nel finale. Soprattutto Harada. Ecco poi perché Fratesi pensò che quella maglietta sarebbe stata utile anche per una gara di moto.
Infatti arrivammo a Imola, in settembre. Io avevo voluto la mia Aprilia con i colori italiani, mi ero anche fatto dipingere i capelli con il tricolore. Mi sono presentato rigenerato, molto concentrato e sereno, dopo la pausa estiva. E ho vinto.
Quando mi sono fermato sotto la tribuna del Fan Club, prima della variante bassa, è arrivato Flavio.
«Prendi questa, è la maglietta della partita» mi ha detto gettandomela.
(…) Sono ripartito infilando la maglietta nella tuta. Mentre stavo finendo il giro d’onore mi chiedevo: ‘Ma cosa ci faccio io sul podio con la maglietta della Polleria Osvaldo’” Mi serve un’idea, e anche in fretta!”
Quando ho visto arrivare i giornalisti, i microfoni delle televisioni, non sapevo ancora cosa dire. Ma all’improvviso, quando ho iniziato a parlare, mi è venuta l’idea:
«Adesso è giunto il momento di ringraziare il mio sponsor, Osvaldo, perché lui mi è stato vicino sin dagli inizi della mia carriera, sin dalle minimoto; ha sempre creduto in me, non mi ha mai fatto mancare il suo supporto anche in questa stagione in cui ho vinto poco, e da qui vedi gli amici veri. Allora io in questo momento felice voglio ringraziarlo pubblicamente!»
(…) Tra l’altro avevamo fatto anche lo slogan, sulla maglietta. Da una parte c’era scritto “Pollo Osvaldo”, dall’altra “Tutti i polli conoscono Osvaldo”.
(…) Pochi giornalisti avevano creduto alla storia del Pollo Osvaldo. Anzi, quasi nessuno, per la verità. Ma poiché c’è sempre l’eccezione, uno c’era cascato in pieno: un giornalista Rai.
«Dài, Valentino, facciamo un servizio su Osvaldo, che è un personaggio positivo» ci ha chiesto, un giorno, il giornalista della Rai. E noi ci siamo ritrovati in una situazione di grande difficoltà.
«Che facciamo? Non possiamo certo rivelare che è tutto inventato, dopo quello che ho dichiarato io sul podio, parlando di riconoscenza…» mi dicevo. Anche perché, in fondo, era divertente constatare che qualcuno l’aveva bevuta.
Allora abbiamo provato a scoraggiare il giornalista.
«Guada che Osvaldo è un burbero, è timido, non vuole parlare con i giornalisti; non ce la fa proprio, non ci combini niente di buono. Lascia perdere, che è meglio.»
Niente, lui continuava a insistere.
«Facciamo venire questo giornalista, e ci inventiamo Osvaldo» abbiamo quindi deciso per risolvere il problema.
(…) Abbiamo subito cercato chi avrebbe potuto interpretare Osvaldo. Abbiamo pensato a un nostro amico di Rimini, Stefano Bordoni, che lavorava al casello dell’autostrada. Lui era un po’ grosso, aveva anche la barba, quindi ci sembrava il tipo adatto.
Poi, trovato Osvaldo, bisognava costruire la polleria. Uno del Fan Club, Palazzi, si è ricordato che il suo babbo aveva una casa in campagna dismessa; siamo andati là, l’abbiamo un po’ ripulita e in seguito riempita di polli. Poi abbiamo costruito l’insegna, disegnando lo stesso marchio delle magliette e riproponendo lo slogan.
Infine, immaginando un mezzo di trasporto degno di Osvaldo, abbiamo allestito un’Apecar-polleria mobile.
A quel punto eravamo pronti: avevamo la Polleria Osvaldo.
«Se proprio vuoi venire, cerchiamo di fare qualcosa per te» abbiamo detto al giornalista Rai. Appena è arrivato, abbiamo iniziato la recita.
«Sai, Osvaldo proprio non ne vuole sapere, non vuol fare niente.» E mentre dicevamo queste cose, si è vista arrivare da lontano l’Apecar-polleria.
«Eccolo, è lui, è Osvaldo!» abbiamo gridato. L’operatore ha accesso subito la telecamera, cercando di rubare qualche immagine.
«Dài, inseguiamolo!» ha detto uno della troupe.
«No, guarda, non ci fare litigare, lasciamolo stare» abbiamo pregato.
«Ma no, corriamogli dietro, andiamo!» hanno insistito.
«Va bene, ma se poi litighiamo è colpa tua» abbiamo chiarito, con tono serio
(…) Quando siamo arrivati, Osvaldo ha recitato bene.
«Chi è, chi siete, andate via, ma chi vi ha portato qui!» ha cominciato a urlare.
«No, dài, Osvaldo» abbiamo fatto finta di supplicarlo.
«Via, andate via!» ha risposto.
«Va be’, adesso ci vado a parlare io» ho detto ai presenti, partendo in direzione di Osvaldo.
Siamo stati lì qualche minuto, facendo finta di discutere, e dopo la finta discussione sono tornato verso la troupe della Rai con aria soddisfatta.
«Ha detto che la fa!» ho urlato.
(…) L’intervista sarà durata un quarto d’ora. E il finto Osvaldo ha anche detto cose intelligenti.
Il servizio su Osvaldo è andato in onda, regolarmente, sulla Tv di Stato.
Naturalmente nessuno di noi ha mai avuto il coraggio di raccontare alla Rai questa storia.
Anche perché, in fondo, era stata proprio una bella intervista.

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